Il vino giallo del Jura

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E’ il vino che sicuramente conserva nelle sue metodiche di produzione le più antiche tradizioni enologiche della regione: il Jura francese. Gli impianti di uva Savagnin, clone giallo dell’antico Traminer italiano un tempo coltivato nel Tirolo, è giunto secoli orsono nella Francia Comtea, probabilmente arrivato attraverso l’Alsazia (in effetti il vino Klevener de Heiligenstein, è ottenuto dal medesimo vitigno) dove ha trovato un habitat molto favorevole al suo sviluppo. Accurate indagini effettuate sul patrimonio genetico ne hanno dimostrato anche una convincente parentela con il Petit Manseng. La messa a coltura dei vigneti, prevede impianti collocati sui dolci pendii delle colline costituite da terreni essenzialmente marnosi e l’allevamento generalmente condotto in Guyot semplice o doppio. L’elaborazione di questo vino prestigioso, inizia con la vinificazione tradizionale in bianco delle uve raccolte a giusta maturità, più spesso tardivamente, e, procedendo con pigiatura soffice e normalmente senza diraspatura. Tradizionalmente la fermentazione alcolica procede attraverso il metodo del “pied de cuve” ovvero sfruttando il patrimonio dei lieviti indigeni, fino a scomparsa pressoché completa di tutti gli zuccheri riduttori. Dopo la svinatura con arieggiamento, il vino subisce la fermentazione malolattica e successivamente posto in botti di rovere, le quali, spesso si presentano di diversa capacità, subordinatamente alla volontà di ogni singolo vignaiuolo e che volontariamente vengono lasciate scolme per circa un terzo del loro volume. Queste vengono poste nel sottotetto. Gli sbalzi di temperatura giocano un ruolo essenziale nei confronti delle successive fermentazioni, che prevedono l’opera di una serie di lieviti cosiddetti filmogeni, normalmente costituita da ceppi di Saccharomyces Cerevisiae, Bayanus, Prostoserdivii, Rouoxii, Zigosaccharomyces Bailii, dotati di metabolismo diauxico, ovvero in grado di mutare anche morfologicamente durante il loro sviluppo, e di conseguenza, in queste condizioni, essi, assumono una forma esagonale che li rende in grado di compattarsi  sino a  formare un velo superficiale, e conseguentemente impedire al vino di entrare in contatto con l’aria sovrastante.  Infatti, accanto alla completa fermentazione degli eventuali zuccheri residui; realizzando in questo modo un vino totalmente secco, nelle cellule di lievito, si osserva un consistente aumento della parete cellulare, e, al loro interno, la comparsa di acidi grassi insaturi ed idrofobici di bassa densità, che ne determinano di fatto il loro galleggiamento. L’ossidazione di piccole quantità di etanolo  sino ad acetaldeide, molecola fortemente reattiva, oltre a provocare la polimerizzazione controllata della materia fenolica, determina la formazione di acetali e nuove sostanze aromatiche che danno uno spiccato carattere “giallo” al vino, di cui la sensazione olfattiva principale, spiccatamente caratteristica, ricorda l’aroma della noce e della nocciola. La permanenza in botte scolma, viene normalmente protratta per un periodo sei anni,( i più tradizionalisti dicono sei anni, sei mesi e sei giorni). Si ottengono in questo modo, vini di grande carattere, fini ed eleganti, corposi e strutturati e di buona acidità; estremamente longevi,  e, che contrariamente a quanto si possa supporre, devono esser degustati a temperatura ambiente. Eccellenti gli accostamenti alla gastronomia regionale, in modo particolare al  prestigioso formaggio Comté, soprattutto datato di qualche anno , ai tipici salumi affumicati, ed ai piatti di carne e pesce elaborati con la sua salsa.

savagnin