Barrique ed aromi
La moda imposta dai paesi extra comunitari, di far fermentare il mosto, e, di invecchiare il vino nelle piccole botti di rovere da 225 litri (barriques), ha da parecchi anni contagiato un po’ tutti i paesi produttori. Fortunatamente per quanto riguarda il nostro, il fenomeno risulta essere in calo già da qualche anno, visto gli scarsi risultati ottenuti, e, soprattutto il progressivo abbandono dei consumatori nei confronti del vino marcato( spesso oltremisura), dal gusto legnoso, tenendo comunque presente, che, parecchi tentativi di invecchiamento del vino in barrique, sono stati scimmiottati, troppo spesso maldestramente, dall’operato dei francesi, che già utilizzano questo “contenitore” dal tempo in cui erano soltanto e semplicemente, barbaramente Galli . Il legno utilizzato per la fabbricazione delle barriques proviene da diverse specie di rovere, dal Quercus robur, dal Quercus petraea, per lo più di origine Francese, delle regioni del Limousin, del Tronçais, del Mercurey, dell’Allier, ma anche da specie americane quali Quercus alba, Quercus rubra, caratterizzate dalla presenza di tannini marcatamente più aggressivi rispetto a quelli delle specie nostrane. Il legno cede al vino diversi tannini gallici (derivati dal fenolo) come l’acido gallico, gli alchil-guaiacoli, il siringolo, dalle proprietà amare, ed astringenti, e molti altri composti quali furfurolo, diversi lattoni, eugenolo, aldeide vanillica e certuni nor-isoprenoidi, che, nella loro totalità, mascherano, se non addirittura occultano gli aromi varietali delle uve. Poiché sul mercato internazionale queste caratteristiche sono purtroppo, anche apprezzate, si è sviluppata la nefasta tendenza nell’esagerare nella durata del contatto con il legno, o, persino, aggiungendovi trucioli o estratti di rovere francese o americana, il che comporta in ultima analisi, non solo un appiattimento generale delle fragranze, ma soprattutto la sottrazione degli aromi varietali e naturali del vino. Sigh! Questo fenomeno ha purtroppo incrementato quello che definisco lassismo tecnologico, ossia, l’utilizzo dei legni quale succedaneo delle giuste tecniche enologiche di cantina, comportando la perdita della peculiarità, dell’originalità, della tipicità e della complessità aromatica dei vini ( ad esempio; che senso ha mascherare l’aroma primario dato dai terpeni delle uve Sauvignon nel suo vino?). Ormai siamo arrivati alla consapevolezza che con la barrique si coprono i difetti dei vini dozzinali, per cui il metodo, è stato immediatamente sposato da una folta schiera di mediocri produttori, spinti più dall’abbaglio dei facile guadagni, rispetto alla ricerca delle prerogative qualitative del vino , imponendosi, anche attraverso il vergato di un’ancor più ampia schiera di pennivendoli, incrementando così il consumo di questi prodotti “conditi” dagli aromi estranei alla vite. Sono stati vent’anni di guerra, che, attualmente sembra vinta una volta per tutte, ma all’orizzonte si manifesta ora un’altra insidia, forse più mellifluamente pericolosa, data dai vini cosiddetti “naturali”. Ci sarà da ridere e anche piangere, ma vedremo alla fine chi la spunterà: diamo tempo al tempo, il tempo sarà galantuomo!