La storia: il nome fourme deriva dal francese arcaico dei paesi di lingua d’Oc, che ha trasformato il termine fourmaige in fourme alterazione della parola forma, a sua volta derivata dal greco phormos, poi dal latino forma o formaticus . La fabbricazione della Fourme d’Ambert nella regione dell’ Haut-Forez, rimonta secondo alcuni, ai tempi del Medio Evo, dove esisteva un sistema agro-pastoraleche sapeva e soprattutto doveva sostenersi autonomamente. Leggende narrano come ai tempi dei Galli, i druidi, loro sacerdoti, benedicessero le mandrie già salite al pascolo, nel giorno di San Giovanni,e come fossero sin da allora a conoscenza di questo formaggio, ed ancora più, che la Fourme d’Ambert veniva preparata già ai tempi degli Arverni, prima che questi fossero sottomessi da parte di Cesare alla “lex romana”. Dall’VIII secolo tuttavia tutte le leggende concordano sull’esistenza della Fourme d’Ambert e sul suo consumo: le pietre intagliate raffiguranti i prodotto del territorio dell’epoca, situate sulla chiesa della Chaulme nel Puy-de-Dôme, raffigurano, salsicce, prosciutti, uova e formaggi di queste fattezze, testimonianza vivente dell’esistenza della Fourme d’Ambert. Essendo un formaggio prettamente “fermier”, venne anche utilizzato come moneta di scambio per la locazione delle “jasseries” , costruzioni rurali di montagna in pietra, utilizzate come stalla, fienile, abitazione e non ultimo come caseificio, dove materialmente avveniva la fabbricazione del formaggio, allora chiamato fromage de roche (formaggio di roccia). Il declino della produzione contadina, sugli alpeggi estivi dei monti del Forez, ha contribuito all’installarsi di diversi caseifici che collettando il latte dai diversi produttori sono in grado di assicurare ancor oggi una solida produzione. Purtroppo attualmente la sua fabbricazione è totalmente industriale e ancor peggio quasi nella totalità dei casi ottenuta da latte pastorizzato; le oltre duemila jasseries di un tempo, sono oggi ridotte ad un numero tale da potersi contare sulle dita di una mano. Fortunatamente la tendenza si sta invertendo, dei giovani produttori ricominciano a salire i monti del Forez con le loro mandrie, e là in alto, nelle antiche jasseries riprendono, come un tempo la produzione di una fourme di grande qualità, che, purtroppo e malauguratamente non è riconosciuta dalla D.O.C (potenza dei capitali e dell’industria). Nonostante tutto ciò, la fabbricazione è vincolata da norme strettissime sia per quanto riguarda l’alimentazione delle lattiere (ad esempio il fatto che il foraggio dato agli animali debba obbligatoriamente provenire dall’area geografica della denominazione d’origine), che per le varie fasi della caseificazione del latte, sino alla stagionatura dei formaggi.La fabbricazione tradizionale: il latte crudo prodotto normalmente dalle mucche di razza Ferrandaise, viene cagliato in una piccola caldaia, quindi la massa compatta viene sminuzzata a mano sino a ottenere dei piccoli pezzetti della dimensione di una nocciola, quindi dopo una mezz’oretta, viene ulteriormente lavorata a braccia( brassage) per essere più finemente sbriciolata, e, lasciata riposare sul fondo per dar adito al petit lait (leggi siero) di lasciare la massa rappresa. Raccolta in uno strofinaccio di lino, la cagliata viene quindi riposta nella definitiva fuscella senza essere pressata, e lì, sgocciola e secca tranquillamente. Questo processo dura un giorno intero, dopodiché, liberato il formaggio, si procede alla sua salatura con sale secco e lo si rimette nella fuscella, dove sosterà ancora per ventiquattr’ore. Una volta svincolato dal contenitore, il formaggio nelle sue dimensioni caratteristiche (cilindro di 19 cm. di altezza per 13 cm. di larghezza per un peso di circa 2,2 Kg) viene depositato sulle plance di legno dove è regolarmente rigirato; serviranno ancora due, tre giorni, affinché finisca lo sgocciolamento. L’introduzione del Penicillium Glaucum nella pasta avviene per pungitura, prima che la Fourme discenda nelle cantine. Nel grembo della roccia, resta per un minimo di ventotto giorni, durante i quali il “bleu” si espande nel seno della pasta e contemporaneamente muffe bianche appaiono sulla superficie esterna, dando origine ad un primo embrione di crosta. Ci vorranno tuttavia ancora un paio di mesi affinché il formaggio consegua il suo aspetto definitivo, formato da una crosta secca e grigiastra “toccata” da macchie giallo aranciate mentre la pasta acquisisce tranquillamente tutte le sue qualità ,offrendo allo sguardo un bel color cremisi con muffe non eccessivamente sviluppate, un accentuato profumo di cantina ed un gusto deciso e sapido senza mai essere piccante. Naturalmente le moderne pratiche industriali hanno snaturato questo “savoir faire”: resta quasi impossibile reperire in commercio una Fourme prodotta dal latte crudo; da tempo personalmente ne conosco solo un esempio, e a parte quest’ultimo, il tutto, è purtroppo oggi consacrato alla omogeneizzazione e omologazione del gusto. La sola speranza è rivolta a quei giovani che con grande spirito di sacrificio stanno tentando di riprendere le antiche tradizioni; il mondo è loro ed io non posso che farci un gran conto. |