Io non ci sto

Friz con bottiglie1

E’ mia convinzione che oggi stiamo attraversando un periodo piuttosto oscuro per quanto riguarda il consumo del vino; a volte pare di essermi sperduto nella “foresta oscura”, dove le sicurezze di un tempo sembrano vacillare e tutto diventa dubbio. Vorrei tuttavia ricomporre il quadro delle certezze scientifiche a cui mi sono rigorosamente attenuto nel corso della vita, alle quali ho regalato le energie dei miei anni migliori, e alle quali  mai son venuto meno. Apparentemente sembra che il poter disporre di un additivo chimico E220-228 (leggi solfiti o anche anidride solforosa ) sia quasi da esecrare in quanto visto non solo come  pericoloso per la nostra salute, ma addirittura appartenente ad una condizione umana non più sostenibile, dove tutto deve essere forzatamente “naturale” e quindi genuino e quindi sano. Voglio ricordare che i solfiti risultano essere debolmente tossici per assorbimento in dose unica. In funzione della specie animale la DL50 (dose letale per il 50% degli individui) risulta compresa tra 0,7 e 2,5 mg. di SO2 per Kg. di peso corporeo. Il che indica inequivocabilmente che il solfito di sodio avrebbe una tossicità acuta prossima a quella di prodotti innocui come il bicarbonato di buona memoria o il cloruro di potassio. Gli studi realizzati sulla tossicità cronica manifestata nell’uomo, hanno rilevato la comparsa di sintomi da intossicazione (nausea, vomito, irritazione gastrica) per dosi elevate di assorbimento (4 g. di solfito di sodio in unica dose) ma non è stato osservato alcun effetto secondario dalla somministrazione di 400 mg. di solfito per 25 giorni, il che mi pare decisamente confortante. La tossicità acuta risulta essere rarissima. Può manifestarsi con crisi allergiche ( circa sei casi all’anno per 270 milioni di americani secondo il FDA) con tutto il quadro sintomatologico ad esse correlate. Pensiamo tuttavia alla medesima problematica nei soggetti predisposti all’allergia, quale possa essere il danno successivo al consumo, ad esempio di fragole, cioccolato, crostacei e chi più ne ha più ne metta. Tutto ciò per rasserenare gli animi dei tanti ipocondriaci in circolazione. Trovo giusto e normale il fatto di diminuire quanto più possibile l’uso di additivi chimici nella produzione del vino di qualità, scopo nobilissimo, peraltro raggiungibile con gli accorgimenti opportuni che già partono dalla tenuta della vigna, dalle pratiche colturali sin alla vendemmia, dalle attività di cantina e soprattutto dall’esercizio alla scrupolosa igiene e pulizia in tutti i vari passaggi lavorativi. Di seguito ricordo l’azione svolta dalla SO2 e quindi dai solfiti in campo enologico.

  • Azione antisettica nei confronti dello sviluppo di microrganismi.
  • Azione antiossidante che consente di proteggere i vini dall’ossidazione di natura chimica, contribuendo a mantenere un potenziale ossidoriduttivo sufficientemente basso, favorevole all’evoluzione delle caratteristiche sensoriali durante la conservazione e l’affinamento.
  • Azione antiossidasica, cioè in grado di inibire istantaneamente l’azione degli enzimi ossidasici (laccasi e tirosinasi) e, se necessario, consentendone la successiva distruzione.
  • Azione di miglioramento del colore dei vini, in quanto favorisce la dissoluzione della materia colorante.
  • Azione migliorativa sul bouquet, risultando l’elemento discriminante in grado di legare selettivamente l’acetaldeide formatasi durante la fermentazione alcolica; elemento che conferisce al vino il gusto di svanito.

L’intelligente utilizzazione delle sopraindicate proprietà, consentono all’enologo di poter ottemperare al meglio durante tutte le fasi di produzione del vino, consegnando al consumatore un prodotto non solo “buono”, ma sano e genuino e soprattutto sicuro. Pasteur un tempo disse: ”Il vino risulta essere la più sana e igienica delle bevande”. Quante volte abbiamo ritrovato nei vini prodotti dai cosiddetti puristi, fattucchieri della negazione scientifica, ispiratori di oscure intuizioni, le acidità volatili elevatissime, tonalità ossidative del colore, velature se non intorbidamenti, gusti al limite della intollerabilità; ma tutto ciò transita innocuamente sotto l’aggettivo  “naturale”, o peggio ancora riportando in etichetta ben evidente scritta l’assenza dei solfiti se non addirittura la macerazione delle bucce dell’ uva bianca. Veramente bravi. Concludo esprimendo il mio ” io non ci sto”. Voglio cantare fuori dal coro di coloro che vedono il vino solo come profitto, e che per far ciò cavalcano ogni tipo di ambiguità. Non voglio essere inconsapevole consumatore di vino naturale, biodinamico, ficcato sotto terra in anfore o quant’altro, voglio soltanto poter usufruire di un buon vino, e solo di un buon vino, senza dover pentirmi delle mie scelte e delle mie sicurezze, confortato dal fatto che sicuramente un giorno l’empirismo esoterico lascerà spazio alle sole verità scientifiche. Spero di esserci.