Iecur ficatum: con questo termine gli antichi Romani erano soliti qualificare quello che oggi noi chiamiamo abitualmente fegato, vocabolo etimologicamente derivato dal latino “ ficatum”. Molto difficile asserire se i nostri progenitori facessero uso dei fegati grassi di palmipedi, o utilizzassero delle ricette in cui fegato e fichi andassero a braccetto; peraltro Plinio il Vecchio, mio illustre concittadino, attribuiva al gastronomo Marco Gavio Apicio, l’invenzione di cibare oche ed anatre con fichi secchi, allo scopo di ingrossarne il fegato, con l’intento di creare un prodotto dal gusto più delicato e serbevole. Non è assolutamente mia intenzione aprire un contenzioso con animalisti ed affini per ciò che riguarda il metodo di produzione del fegato grasso, già troppe verità e altrettante menzogne sono state sprecate inutilmente in questi tempi, ed ogni qual volta si è in prossimità delle feste di fine anno, giusto quando questo prodotto, trova il suo tradizionale spazio sulle tavole dei “gourmets” di tutto il mondo. Io mi pongo tra di essi. Nonostante tutto mi intrigherebbe anche il fatto di essere tormentato per l’eternità da inesauribile fame e sete, come descritto nella Divina Commedia dal Sommo Poeta; d’altra parte di vita ce n’è una sola, ed è purtroppo anche molto breve, per cui, potendo, sarebbe anche il caso di godersela un pochino, senza tutte quelle rinunce maniacali, che speranzosamente, non si sa, se e quando verranno legittimamente ripagate, una volta passati a miglior esistenza. Personalmente preferisco un uovo oggi ad una gallina domani! Ma veniamo al Foie Gras. Il nostro, si presenta come prodotto fresco, semi conservato o sterilizzato sotto forma di “entier” o “bloc”, secondo venga ottenuto da lobo epatico intero, da fegato grasso omogeneizzato, oppure miscelando quest’ultimo, con dei piccoli pezzetti, il “bloc de foie gras avec morceaux” ,ciò che rende questa preparazione più costante nel gusto.
Il primo di questi, visto l’altissima degradabilità del prodotto ( ricordiamoci che trattasi comunque di frattaglia), deve obbligatoriamente essere cucinato o trasformato nel volgere di pochissimo tempo; l’ideale sarebbe la sua lavorazione in modo subitaneo; più passano le ore e più il fegato si deteriora. Questo principio viene normalmente rispettato anche dall’industria conserviera. La semi conserva consiste nel cuocere il fegato ad una temperatura tale di scongiurarne la sua sterilizzazione, quest’ultima, estremamente molto positiva ed interessante per quanto riguarda la conservabilità, non lo è altrettanto per il mantenimento del gusto primario del prodotto, il quale ne risulta spesso in parte ridotto. Resta comunque costante a tutte le tipologie, il fatto che, essendo il foie gras un prodotto nobile, è opportuno lo si consumi puro (almeno da parte dei veri intenditori), non avendo in alcun modo bisogno di essere integrato da alcun ingrediente, se non da un pochino di sale. Detta così, sarebbe veramente avvilente per i grandi chefs, che naturalmente portati a magnificare la loro professionalità, ci propongono delle preparazioni a volte mirabolanti, a volte indicibili, utilizzando gli ingredienti i più disparati, e chi più ne ha più ne metta, quando, in questo caso, più che mai, meno ci si ingegna, meglio è. Fortunatamente il prodotto conservato viene fornito di un etichetta che riporta, oltre alla data di preparazione, il numero di lotto, la data di scadenza e l’indicazione degli ingredienti utilizzati. Ma sappiamo veramente leggere l’etichetta? Tra i due prodotti sotto elencati, quale scegliereste?
- Ingredienti: fegato grasso, sale.
- Ingredienti: fegato grasso, sale, zucchero, vini o alcolici i più svariati, conservante E252 (nitrato di potassio), E300 (acido ascorbico).
La risposta che a prima vista sarebbe scontata, non tiene conto del fatto che la grandissima parte dei prodotti conservati che troviamo in commercio appartengono alla seconda specie! Sgombrato il campo dall’immaginare che l’utilizzo di questo componenti possano agire positivamente sul gusto finale del prodotto, vediamo allora lo scopo della loro presenza. In primis un aiuto alla più lunga conservazione; in commercio si trovano delle semi conserve che propongono date di scadenza anche di due anni. Ma allora che tipo di semi conserve trattasi? Di che cosa stiamo parlando? Una semi conserva, in quanto tale e per definizione, dovrebbe essere utilizzata per il consuma nel giro di qualche mese e non di più. Oppure mi sbaglio? Le proprietà, quale conservante del nitrato di potassio,( il salnitro di buona memoria), erano note già al tempo dei Romani, e trovano oggi impiego per il mantenimento del colore dei prodotti carnei, e non solo. Ora scrive il chimico! Anche se ormai la mia laurea risulta essere piuttosto datata, posso fare ancora alcune considerazioni sul caso. L’E252 oltre all’azione sul colore, svolge azione antisettica nei confronti di molti microorganismi, non ultimo il Clostridium Botulinum di pessima fama. Tuttavia questa problematica, che indubbiamente investe la preparazione degli insaccati, non lo è altrettanto per il nostro, visto che bene o male il prodotto viene in ogni caso cotto. Fortunatamente non siamo dei cannibali mangiatori di fegato crudo! Fondamentale per la qualità del prodotto, risulta comunque essere di primaria importanza, la più che scrupolosa scelta della materia prima da parte del trasformatore! Il problema dell’utilizzo del E252 risiede nel fatto che a livello gastrico, in via non del tutto teorica, trovandosi in ambiente acido, possa facilmente trasformarsi in acido nitroso, il quale in presenza di amine ( dalle proteine), è in grado di sintetizzare in modo abbastanza semplice dei nuovi composti, appunto le N-nitroso-amine, che risultano essere altamente cancerogene, particolarmente a livello epatico. Per impedire questo sfacelo, bisogna quindi operare attraverso l’aggiunta di un nuovo componente, in grado di inibire la trasformazione nitrato-acido nitroso, al fine di scongiurare il peggio. Lo scopo è raggiunto con l’impiego dell’E300, l’acido ascorbico, che essendo un potentissimo antiossidante, impedisce la reazione sopra descritta. Che palle! Vero, ma queste sono informazioni terribilmente importanti per la nostra salute! Mi domando allora tra me e me: perché utilizzare questi additivi? Ci sono forse dubbi sulla qualità della materia prima o sulla sua conservazione? Ci sono dubbi sulla sua trasformazione, o è solo e veramente un omaggio alla sicurezza alimentare? Chi lo può dire! Io un idea me la sono ben costruita nella testa! Alla fine resta il fatto che, accanto ad un colore veramente ammiccante e stabile del fegato grasso, (anche quando questo viene tagliato e lasciato a se), dal punto di vista organolettico le cose cambiano ed anche in modo abbastanza profondo. Il salnitro ha un sapore piuttosto complesso che va dall’amarognolo al salato al debolmente acido, mentre l’acido ascorbico risulta essere veramente asperrimo. Che fare? Pari e patta vien raggiunta aggiungendo il sapore dolce, che ripristina, o meglio cerca di ripristinare un equilibrio gustativo abbondantemente scombinato! Che lo zucchero, il vino, il Cognac o altro servano a questo scopo? Non pensiamoci troppo e non perdiamo i nostri sonni, tuttavia cerchiamo di orientare le nostre scelte nel miglior modo possibile. A volte una buona informazione può tornare anche molto utile, comunque io la mia faccia ce la metto! Alla prossima.
Friz