A prima vista, il “naso” del vino, straordinario e stupefacente ambiente delle sensazioni odorose, essendo racchiuso nel profondo della nostra memoria, sembra esserne impenetrabile. Tuttavia, da quest’ultima, seguendo pratiche specifiche, ogni assaggiatore ne può estrarre le caratteristiche primarie, che determinano le peculiari e distintive note olfattive, quali l’intensità, la ricchezza o pienezza, la fragranza, nonché le molteplici sfumature che ne definiscono la particolarità. Ecco allora apparire come in un magico caleidoscopio una successione di profumi che ricordano l’odore di fiori, di frutti, di essenze, spezie, aromi, financo note aldeidiche e piccanti. Bisogna osservare tuttavia una netta distinzione tra i termini di aroma e bouquet. Il primo viene comunemente riferito alla serie di odori che accompagnano il vino giovane ( fiore, frutto), mentre il secondo descrive meglio quella serie di fragranze acquisite durante la fase di “invecchiamento”, dovute alla naturale metamorfosi, che diverse sostanza presenti nel vino, acquisiscono in ambiente ridotto (leggi assenza di ossigeno). Dal carattere più o meno gradevole dell’odore, si riconosce un vino buono da un altro scarso se non addirittura insufficiente, tuttavia, è la complessità e la molteplicità delle sfumature che contraddistinguono il grande vino. Detto ciò ne consegue che un vino giovane non ha ancora bouquet, mentre un vino invecchiato non ha più aroma. Distinguiamo due tipi di aroma: quello primario proveniente dall’uva che è caratteristica del vitigno ( Moscato, Sauvignon, Traminer, Cabernet ecc.) e quello secondario dovuto alle trasformazioni nel corso delle fermentazioni, siano esse alcolica o malolattica: in questi casi la formazione di nuove sostanze odorose è dovuta all’azione dei lieviti che trasformano gli zuccheri presenti nel mosto, in alcol etilico, trasformandolo in vino, nel secondo, quella successiva dei batteri lattici ( quando ciò viene espressamente ricercato), che operano un processo di disacidificazione biologica, contribuendo alla formazione di nuovi aromi dal diverso diverso carattere ( aromi lattici, esteri lattici). Il bouquet dei vini fini, invece, si sviluppa molto lentamente, in parte già in botte, ma si completa notevolmente quando questi sono messi al riparo dall’aria, nella fase di invecchiamento in bottiglia, migliorandone sensibilmente le prerogative organolettiche. Questo processo di maturazione non interviene sui vini comuni, che anche se conservati a lungo, oltre a non sviluppare un bouquet gradevole, rischiano di perdere anche l’aroma. La rappresentazione del profumo di un vino passa necessariamente attraverso la descrizione di parametri standard, quali, intensità, finezza, franchezza, complessità e persistenza. Per quanto riguarda il primo di essi, utilizziamo i termini, debole, neutro, insipido, povero o al contrario profumato, nonché aromatico, ricco. La descrizione della finezza di un vino, consiste nell’ ammontare degli odori gradevoli, che vanno dal profumo di fiori (rosa, violetta, peonia ecc.), di frutta fresca (mela, pera ,pesca, ananas, ribes, ecc.) alle note fini vegetali di fieno e felce. A queste, una volta sviluppato il bouquet, si aggiungono i profumi delle spezie (chiodo di garofano, cannella, vaniglia), della frutta secca (noce, nocciola, mandorla, mandorla amara) , del cuoio, del tabacco, della liquirizia, del tartufo, mentre i sentori animali, muschiati, di selvaggina e di pelliccia sono ancora più sorprendenti. La descrizione della franchezza di un vino passa necessariamente attraverso la comprensione del suo stato di sanità. Il vino può essere quindi, sano e franco cioè di odore netto e pulito, al contrario se alterato appare incerto, malato e mutato nelle sue caratteristiche, da fermentazioni anomale, che determinano presenza di acidità volatile, di spunto, di odori di geranio, butirrici e di topo. Una serie di aggettivi riguardano lo stato ossidativo del vino. Quando quest’ultimo viene manipolato e arieggiato, è definito stanco, svanito, sbattuto e piatto, il suo odore ricorda il frutto ammaccato, picchiato, di cotto e stramaturo. Se il contatto con l’ossigeno risulta essere troppo prolungato, intervengono allora dei fenomeni ossidativi, che conferiscono al vino il gusto ossidato della maderizzazione, o marsaleggiante, dovuto alla formazione di composti aldeidici ed acetalici, fenomeno questo peraltro irreversibile. Al contrario, vini tenuti in stato di esclusione dall’aria per molto tempo, vengono decritti come soffocati, asfittici, ridotti; tuttavia le loro caratteristiche olfattive riescono a migliorare con l’aereazione, e ricordando che la dissoluzione di ossigeno è direttamente proporzionale alla superficie di contatto, sarà ben accetto l’utilizzo di bicchieri molto ampi per la loro degustazione.