I “vini” proibiti

Clinto

I “vini” proibiti

A volte la proibizione porta all’effetto esattamente contrario! Il riferimento è dovuto all’uso improprio dei cosiddetti vini proibiti (fragolino ed affini), ottenuti da uve classificate non idonee alla produzione di vino. Ricordo che quest’ultimo risulta essere il prodotto della fermentazione di mosti ottenuti per pigiatura di uve appartenenti al solo genere Vitis Vinifera. Ma come siamo arrivati a ricercare un “vino” che non può nemmeno essere considerato come tale? Tutto è nato dal problema della distruzione delle viti Europee attorno alla meta del XIX secolo ( già indebolite da infezioni di crittogame), a cagione di un piccolo insetto, che riuscì a sterminare la stragrande maggioranza dei nostri vigneti.

Fillossera della vite   (Phylloxera Vastatrix)

 

Ciclo fillossera

Il parassita è giunto in Francia nel 1860 a mezzo di viti importate dall’America del nord, in Italia veniva ufficialmente riscontrato nel 1879 a Valma Orera (Lecco) e ad Agrate (Milano). Il ciclo vitale di questo minuscolo insetto parassita passa attraverso diversi stadi, e, nell’arco di un’estate si susseguono sei o sette generazioni partenogenetiche (senza fecondazione) di queste femmine senza ali. All’avvicinarsi della stagione fredda, le forme giovanili si rifugiano sulle radici generando delle galle, cioè delle escrescenze nelle quali sono depositate le uova di questi afidi. Verso la fine dell’estate e in autunno alcune di queste galle con le  radicicole danno origine a femmine alate che sfuggono dal terreno e volano sulle piante vicine, deponendo sacche di uova dalle quali si svilupperanno gli individui sessuati. A differenza delle viti europee dove le sacche di uova non riescono ad attaccarsi alle foglie, questo non succede nelle uve americane, dove, al contrario queste ultime diventano un ricettacolo importante di galle ovaiole (una sacca può contenere anche seicento uova).

filossera

E a questo punto il ciclo si ripete.  Le viti europee e nostrane, attaccate, presentano una vegetazione giallognola (cloritica), cespugliosa, con tralci corti e sottili e grappoli radi, a volte risultano infruttifere. Si evidenziano inoltre sulle giovani radicelle superficiali dei rigonfiamenti a testa di uccello (nodosità), mentre sulle radici più grandi si hanno rigonfiamenti tondeggianti simili a grani di pepe che conferiscono alla radice un aspetto bitorzoluto (tuberosità). Le punture dell’afide, producendo queste neoformazioni sulle radici, portano a un rapido disfacimento dell’apparato radicale, con successiva conseguenza di marciume radicale della vite. Le viti americane utilizzate come portinnesto hanno radici molto più resistenti alle punture dell’afide, da ciò la pratica moderna dell’innesto della vite europea su piede americano.

Ibridi produttori diretti Fin da prima dell’invasione della fillossera, si cercò tra le viti americane, specie resistenti ad essa e alle malattie crittogamiche, con una buona produzione d’uva, sia per la vinificazione che per il consumo diretto. La più antica di tali viti americane conosciute in Europa è la Isabella o uva fragola. In seguito si aggiunsero: il taylor, il york madeira, il clinto, l’elvira, il jacquez, l’herbemont; tutti vitigni di provenienza americana derivati da seminagioni, senza ibridazione artificiale. Questi furono i cosidetti antichi produttori diretti od ibridi degli antichi cataloghi. Presto si constatò che la resistenza alla fillossera era del tutto insufficiente e quella alle crittogame relativa, inoltre presentavano un più o meno spiccato aroma e sapore di fragola non gradito da tutti. Si intraprese allora un lavoro di creazione nuovi tipi di ibridi, attraverso seminagione preceduta da ibridazione, condotto specialmente da ibridatori francesi, originando una miriade di nuovi ibridi produttori diretti: il baco 1, il baco 22°, l’oberlin 595, il seibel 36, il seibel 1077, il couderc 106-46, il couderc 132-11, il gaillaro 2, il bertille 822 e moltissimi altri. Le mete prefissatesi sono state solo parzialmente raggiunte, infatti non si può affermare di possedere anche un solo ibrido resistente alla fillossera e alle malattie crittogamiche e in grado di dare prodotti qualitativamente e quantitativamente rilevanti. Si  può affermare quindi che queste caratteristiche di resistenza e produttività siano antitetiche, nel senso che quando una prevale l’altra è insufficiente. L’utilizzo dei produttori diretti e dei loro ibridi per la produzione di “vino” risulta vietata in tutta la Comunità Europea (unica eccezione l’Austria, dove si produce del vino composto anche da uve ibride) a causa del forte incremento di produzione di alcol metilico (metanolo) in fase fermentativa, risultando quest’ultimo tossico a sia livello epatico sia per il nervo ottico. Non credo valga la pena di intossicarsi per una stupida ripicca!