I processi di maturazione ed invecchiamento del vino: il ruolo dell’ossigeno.

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Funzione dell’ossigeno  

Le relazioni tra il vino e l’ossigeno, indifferentemente giudicate utili o nocive sono parecchio comples­se, ed hanno interessato grandi chimici co­me Berthelot e Pasteur. Nell’ossigeno si è sempre cercata la chiave dell’invecchia­mento del vino, ma il problema è stato comunque falsato all’ori­gine da una certa confusione, e da qui le locuzioni: “è l’ossigeno che fa il vino” e “l’ossigeno è il nemico del vino”, essendo que­ste asserzioni applicate a tipologie di vino dif­ferenti e a sistemi contrapposti di maturazione. Esiste certamente un invecchiamento ossidativo, ottenuto attraverso ossidazioni irreversibi­li. E’ quello a cui fanno riferimento i vini maderizzati tipo Marsala, Vernaccia di Oristano, Porto, Jerez, Madera, alcuni vini dolci (Vin San­to) che provengono dalle regioni vinicole a clima caldo, vini generalmente alcolizzati e sottoposti a un lungo contatto con l’aria. Ma il caso più generale è l’invecchiamento al ri­paro dall’ossigeno, normalmente per la più parte dei vini, conservati con le dovute precauzioni, che, limita al massimo la dissoluzione dell’ossigeno, essendo inoltre quest’ultimi, sempre pro­tetti da leggeri solfitaggi, successivi alle manipola­zioni all’aria. Nel primo caso, il vino invecchia in stato di saturazione di ossigeno, ad un elevato po­tenziale redox, che consente lo sviluppo e la stabilizzazione del gu­sto al contatto dell’aria. Nel secon­do caso le ossidazioni sono deboli, molto di­stanziate, il vino invecchia ad un livello re­dox basso; il contatto prolungato con l’aria risulta essere molto dannoso.

Dissoluzione dell’ossigeno  

Né il vino nuovo né il vino vecchio contengo­no ossigeno in soluzione quando rimangono a riposo per un certo periodo al riparo dall’aria. Se a causa di manipolazioni del vi­no all’aria, si discioglie dell’ossigeno, esso si combina rapidamente e scompare, in quanto il vino è avido di questo elemento, in quanto contiene molte sostanze facilmente ossidabili. Si devono considerare due ordini di fenomeni: la disso­luzione dell’ossigeno nel vino (fenomeno fi­sico) e la sua combinazione con i costituenti del vino (fenomeno chimico). È interessante conoscere le quantità di ossi­geno che vengono disciolte nei diversi casi di aerazione che possono presentarsi normal­mente in cantina, in quanto non ci si rende praticamente ben conto dell’intensità di cer­te aerazioni. Per prima cosa, bisogna sapere come mani­polare il vino senza aerarlo. Quando si trava­sa un vino rapidamente e senza agitarlo, da vasca a vasca o da fusto a fusto, facendo arri­vare il vino dal basso, ed introducendolo nel liquido travasato, il contatto con l’aria avvie­ne solo alla superficie ed esso non subisce, in questo modo, dei sensibili arricchimenti in ossigeno. Per contro, come ottenere la saturazione di un vino con l’ossigeno? Quando si agita energicamente una piccola quantità di vino con un’uguale quantità di aria, in modo da emulsionarlo, lo si satura in 30 secondi. La solubilità dell’ossigeno varia secondo la gra­dazione alcolica; i vini più alcolici ne dissol­vono maggiormente, anche se questo fenomeno risulta influenzato in modo notevole dalla temperatura a cui si opera. La solubilità diminuisce quando la temperatura aumenta ed è dell’or­dine di 6 cc per litro a 20°C e di 8 cc a 0°C. Quando il vino viene conservato a contatto con l’aria, in recipienti non completamente pieni, l’ossigeno, entra in soluzione attraverso la su­perficie di riposo, diluendosi nella massa. La quantità disciolta è dell’ordine di 1,5 cc per litro in un’ora per una superficie di 100 cm2; in quattro ore la parte superiore viene del tutto saturata. Nella conservazione in botti, il contatto con l’aria e la dissoluzione di ossigeno, viene ottenuta in tre diverse vie: attraverso il legno, at­traverso la superficie del vino, col favore del leggero vuoto che si verifica sempre nei fusti, ed infine durante i travasi. La penetrazione dell’ossigeno attraverso il legno di buoni fusti di quercia è bassa: è stata valutata da 2 a 5 cc per litro e per anno. Essa dipende dallo spessore e dalla natura del le­gno; è certamente maggiore con legni a fibre meno strette e nei fusti più piccoli, mentre nelle grosse botti, le cui doghe hanno cinque centimetri di spessore, risulta praticamente nulla. Al mo­mento del riempimento, si deve tener conto anche della quantità di ossigeno ceduto dal legno secco, via via che esso si impregna. L’introduzione di ossigeno alla superficie è dell’ordine di 15-20 cc per litro e per anno, sia che il fusto si trovi nella posizione tappo all’insù, con colmatura a intervalli regolari, che nella posizione tappo sul fianco. Infine, ogni travaso porta sempre ad una cer­ta dissoluzione di ossigeno, variabile secon­do le condizioni, che può raggiungere anche i 3-4 cc per litro, ossia una quindicina di cc per i quat­tro travasi annuali. Un vino in fusto riceve dunque annualmente cir­ca 30 cc/litro d’ossigeno. Naturalmente nella conservazio­ne in grosse botti o in vasche, l’ossigenazio­ne è minore e si limita a quella dei travasi e all’introduzione in superficie, tra due colma­ture. È soprattutto durante i pompaggi, le filtra­zioni, le omogeneizzazioni, i tagli, i passaggi da vasca a fusto (operazioni che spesso si fan­no di seguito, a brevi intervalli), che la disso­luzione di ossigeno risulta elevata. Al mo­mento dell’imbottigliamento i casi di disso­luzione di ossigeno sono molteplici e co­stituiscono una delle più decise fonti di ossidazione a cui il vino va incontro.

Combinazione dell’ossigeno

Un vino contenente dell’ossigeno disciolto, è in grado di esaurire lo stesso, più o meno rapidamente quando viene posto al riparo dell’aria, essendo il vino un in­sieme complesso di sostanze più o meno facilmente os­sidabili. Il tenore in anidride solforosa libera è il primo fattore da prendere in attenta valutazione, dato che ad esempio, la combinazione dell’ossigeno in un vino bianco con un con­tenuto di 100 milligrammi per litro di anidri­de solforosa, è due volte più rapida di un vino che ne presenta solo 40 milligrammi. La ve­locità di scomparsa dell’ossigeno disciolto di­pende notevolmente anche dalla temperatura di conservazione: la totalità dell’ossigeno si esaurisce in 3 mesi a 3°C, in 25 giorni a 13 °C, in 18 giorni a 17°C, in 14 giorni a 20°C e in 3 giorni a 30°C. Si dice che il vino è più sensibi­le all’ossidazione quando è freddo: ciò risulta essere ineccepibile, in quanto si trova in uno stato di ossidazione più prolungato. Per le leggi che regolano la solubilità dei gas nei liquidi, la dissoluzione dell’ossigeno e un più elevata alle basse temperature, mentre la sua combinazione è risulta essere estremamente rallentata. L’ossigeno si combina nel vino con diverse sostanze dette ossidabili o riduttrici. Essen­do questa reazione lenta e complessa, esso interagisce dapprima con quelle molecole più facilmente aggredibili (migliori riducenti), le quali si comportano quindi da protettrici nei confronti delle altre. L’ossidazione può es­sere reversibile e costituire un sistema di ossidoriduzione. Così la determinazione del potenziale di ossidoriduzione di un vino, risulta essere la misura che rappresenta lo stato corrente di ossidazione. L’ossigeno disciolto non si combina direttamente con le sostanze riduttrici del vino, co­me ad esempio con i composti fenolici, anche se questi risultano essere in numero elevato. Questa reazione avviene solo attraverso l’intervento di alcune sostanze che fungono da catalizzatori (aumentano la velocità di reazione senza modificare il loro stato primitivo) come ad esempio i sali di ferro; anche tracce di rame rafforzano di molto l’effetto catalizzatore dei quest’ultimo. In assenza di ferro e di rame, l’ossigeno dell’aria risulta essere scarsamente attivo ed incapace di combinarsi a mol­te sostanze riduttrici del vino. L’anidride solforosa ha un ruolo antiossidan­te irreversibile: essendo un riducente molto energico, risulta avidissima di ossigeno, e, conseguentemente in grado di utilizzarlo molto rapidamente, manifestando in questo modo le sue proprietà antiossidanti nei confronti di quelle sostanze che altrimenti verrebbero inesorabilmente attaccate dallo stesso. In sintesi, l’anidride solforosa risulta quindi essere la più riduttrice delle sostanze riduttrici presenti nel vino e quindi di comportarsi da importate protettore nei confronti dei fenomeni di ossidazione; anche l’acido ascorbico manifesta le medesime proprietà, ed è in grado di agire anche più rapidamente della stessa SO2. Quando il tenore in anidride solforosa libera risulta essere nell’ or­dine di 100 milligrammi per litro, pratica­mente la totalità dell’ossigeno disciolto viene consumato da quest’ultima; il vino è così risulta essere com­pletamente protetto. Se il tenore in anidride solforosa libere viene mantenuto nell’ordine dei 30- 40 milligrammi, solamente circa la metà dell’ossigeno viene utilizzato, ed ilo vini non risulta in tal modo veramente protetto. Qual è quindi il ruolo attribuito all’ossigeno nell’ in­vecchiamento dei vini?Innegabilmente influisce sul colore ( soprattutto nei vini rossi), contribuisce alla rifinitura dei vini giovani e in certa misura alla loro stabi­lizzazione, non risulta tuttavia essere il solo responsabile di tutti i caratteri di un vino vecchio, in modo particolare nella realizzazione suo bouquet.